Trio Antares

Programma del concerto

F. Schubert

Notturno D 897

J. Brahms

Piano Trio nr.1 op.8

Trio Antares

Il Trio Antares nasce come ensemble musicale stabile nel 2022 da un’idea di Paolo Andreoli, secondo violino del Quartetto di Cremona e docente di Musica da Camera presso l’Accademia Stauffer di Cremona, con l’intento di esplorare il repertorio della formazione cameristica del Trio con pianoforte.
Del progetto fanno parte Cesare Pezzi, apprezzato pianista solista e camerista, docente di Pratica e Lettura Pianistica presso il Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste e da Margherita Succio, giovane talento recentemente diplomata MA in Music Performance Classical presso l’Hochschule der Künste Bern nella classe di Antonio Meneses.

Gli artisti

Nato a Ravenna nel 1989, intraprende giovanissimo lo studio del pianoforte, debuttando a 7 anni.
Diplomatosi col massimo dei voti, lode e menzione speciale al Conservatorio Cherubini di Firenze con Maria Teresa Carunchio, ha proseguito gli studi con Konstantin Bogino all’Accademia Pianistica Internazionale Incontri col Maestro di Imola, con Enrico Pace all’Accademia di Musica di Pinerolo (Torino) e con Carlo Fabiano all’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma. Nel 2015 ha debuttato con successo al Lincoln Center di New York. Svolge intensa attività concertistica in Italia e all’estero in importanti Festival, sia come solista che in formazioni cameristiche. Come camerista collabora con musicisti di fama internazionale e ha inoltre collaborato col musicologo Giovanni Bietti e col critico Oreste Bossini in lezioni-concerto. Nel 2017 è uscito il suo primo CD per la Naxos, dedicato all’inedita opera integrale del compositore lituano Balys Dvarionas, con la violinista lituana Justina Auskelyte, con la quale collabora dal 2009. Nel 2019 è uscito il loro secondo progetto discografico, 10 - TEN, per l’etichetta discografica giapponese DaVinci Classics.
Ha effettuato registrazioni con le più importanti etichette discografiche internazionali. Si dedica all’attività didattica da oltre dieci anni: è stato docente di pianoforte e musica da camera presso il Liceo Musicale Lucio Dalla di Bologna e docente di Pratica e Lettura Pianistica presso i Conservatori di Fermo,
Castelfranco Veneto e Foggia. Attualmente è docente di Pratica e Lettura Pianistica presso il Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste.

Nato a Genova nel 1980, inizia lo studio del violino all'età di sette anni.
Nel 2000 si diploma con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio "Nicoló Paganini" di Genova, nella classe del Maestro Alessandro Ghè.
Fondamentale per la sua formazione in questi anni è l'incontro con Joseph Levin, violinista russo della scuola di David Ojstrach.
È ammesso a numerosi corsi di perfezionamento solistico e cameristico, tra gli altri con: Zoria Chikhmourzaeva del Conservatorio di Mosca, Anthony Flint, Giulio Franzetti, Danilo Rossi e Massimiliano Damerini. Vincitore di concorsi nazionali e internazionali, nel 2001 è ammesso all’Accademia del Teatro alla
Scala e in qualità di violino di spalla, svolge un’intensa attività concertistica diretto da più importanti direttori d’orchestra della scena nazionale e internazionale. A soli 22 anni si unisce al Quartetto di Cremona con il ruolo di secondo violino con il quale si esibisce nelle più prestigiose sale da concerto del mondo. Con il Quartetto di Cremona è vincitore del premio BBT Fellowship nel 2005, il "Premio Franco Buitoni" 2019, Si-Yo Master Artist™️ Ensemble, 2021 e nel 2020 festeggia i suoi primi vent'anni di carriera, con prestigiosi concerti e importanti progetti discografici.
Parallelamente all'intensa attività concertistica con il Quartetto di Cremona, si dedica allo studio del repertorio solistico per violino esibendosi in numerosi concerti. Dal 2011, insieme ai componenti del Quartetto di Cremona, è docente di Musica da Camera presso l'Accademia Walter Stauffer di Cremona e tiene regolarmente masterclass internazionali in Italia e all’estero.
Dal 2013 suona un violino P.A. Testore del 1758 affidatogli dalla Fondazione P.E. Eckes Kultur Fond.

Nata a Genova nel 2001, consegue nel 2020 la maturità linguistica con il massimo dei voti e il Diploma Accademico di I Livello in violoncello presso il Conservatorio di Alessandria nella classe di Claudio Merlo, con la votazione di 110/110 e lode e menzione speciale. Fondamentale nel suo percorso di formazione artistica
è l’incontro con Antonio Meneses all’età di 14 anni, con il quale studia all’Accademia Walter Stauffer, dal 2017 al 2021, e all’Accademia Chigiana di Siena. Nel 2020, è ammessa nella sua classe all’Hochschule der Künste Bern, HKB dove ottiene nel 2022 il Master of Art in Music Performance Classical, con la votazione Excellent e la menzione “with distinction”. Nei due anni accademici è titolare ESKAS, vincitrice della Borsa d’eccellenza della Confederazione svizzera per ricercatori e artisti stranieri, è sostenuta anche dalla Fondazione Boubo Music Foundation di Basilea, consegue il Premio “Roscini-Padalino” 18°ed. e il Premio Pirastro Young Artistdell’EMF di Monaco di Baviera, nella classe di Steven Isserlis. Dal 2022 è allieva del Corso annuale di Alto Perfezionamento Musicale “SOLO” dell’Accademia Filarmonica di Bologna, nella classe di Giovanni Gnocchi. Dal 2023, con il sostegno della De Sono, frequenterà il Master of Music nella classe di Gabriel Schwabe presso il Conservatorium Mastricht. Particolarmente dedita alla Musica da Camera, frequenta negli anni del Triennio accademico di I livello, il corso libero di Musica da Camera di Antonio Valentino presso il Conservatorio Verdi di Torino, il Corso del Trio di Parma presso l’Accademia Perosi di Biella e numerose masterclass con il Quartetto di Cremona. A Berna è selezionata per i progetti cameristici dell’HKB, con Patrick Jüdt, Corina Belcea e Monika Urbaniak. Ammessa ai più prestigiosi Festival nazionali e internazionali, si è esibita presso le più importanti sale concertistiche d'Europa. Nel 2022 fonda insieme a Paolo Andreoli, violino e Cesare Pezzi, pianoforte, il Trio Antares, con Marco Surace, chitarra, il Parallel Duo.
Dalla stagione 2022-2023 è membro dei Chaarts Chamber Artists, formazione cameristica di spicco con sede a Zurigo. All’attività di interprete affianca con successo l’impegno come autrice e ricercatrice indipendente ed è l’ideatrice della rubrica Violoncello In-Audito per la rivista musicale Quinte Parallele. Nel 2023, incide per l’etichetta Brilliant Classic un disco monografico su Ermanno Wolf Ferrari con il Quartetto Eos e Matteo Rocchi.

Visioni notturne e spiriti adolescenziali assennati. Il Romanticismo europeo nella musica da camera.

Programma di sala a cura di Valerio Sebastiani

Concepito come movimento destinatooriginariamentealTrio in si bemolle D. 898 e pubblicato postumo nel 1846 dalla casa editrice di Anton Diabelli con il titolo apocrifo di Nocturne, italianizzato Notturno nelle edizioni successive, questo Adagioscritto da Franz Schubert negli ultimi momenti della sua breve vita, ci accompagna in maniera molto decisa nei recessi più profondi della poetica schubertiana. Nonostante non sia assolutamente frutto della creatività di Schubert, il titolo Notturno si adatta però molto bene all’atmosfera generale di questo brano, attraversato da una forte tensione espressiva e da molte soluzioni formali esplorate da Schubert in brani simili.

Schubert, d’altronde,rimane ancora oggi uno di quegli autori romantici che hanno esplorato,attraverso la propria arte, le dimensioni della notte, spazio del sogno per eccellenza, e le sue eterogenee caratteristiche psicologiche.Nella musica di Schubert lo spazio notturno si apre di fronte all’ascoltatore attraverso diverse prospettive, che si connettono con il milieu del Romanticismo europeo, soprattutto tedesco:dall’atmosfera misterica e quasi sacra di Novalis, alle desolazioni di Hölderlin, dalle suggestioni visionarie delle pitture di Friedrich, alle nostalgie meditative di Chopin. Ma la dimensione onirica della notte non è soltanto discesa nell’inconscio e nelle sue oscure stanze, figure spettrali e rovine diroccate.Nello specifico di questo brano ripudiato e lasciato alla sua unicità, Schubert sembra farci addentrare nella dimensione più ambigua, duplice, bipolare, della notte e delle sue visioni: da una parte una mestae malinconica contemplazione, dall’altra un adrenalinico slancio eroico. Ma è come Schubert tratterà queste due dimensioni, facendole interagire, il vero nucleo della trattazione della tematica notturna.

Il brano segue un andamento bipartito, in cui due diverse figure musicali, con diversi caratteri, si alternano in continuazione, ossessivamente, in un dialogo irrealistico, senza reale comunicazione. La prima idea tematica, placida e sognante, viene espressa dall’unisono di violino e violoncello, mentre l’accompagnamento del pianoforte dipinge dei delicati arpeggi, a determinare una sensazione di tranquilla stasi, di ambigua fissità. Il tema passa poi al pianoforte creando un arco narrativo molto breve, che raggiunge le parti alte della tastiera per poi spegnersi immediatamente. Una modulazione in minore, improvvisa, distoglie l’orecchio da questa sensazione di calma, lanciando il brano nella seconda dimensione sonora, caratterizzata da un tema ‘eroico’, incessante, in fortissimo, strutturato su un inciso anch’esso ripetuto continuamente, con un ritmo puntato quasi di marcia. Questa figura musicale è una vera e propria immagine fissa nella letteratura schubertiana, il cosiddetto passo del Viandante, del Wanderer romantico, un segno costante, ossessivo, che ci riporta alle ferite più profonde della psiche di Schubert, che nell’ultima fase della sua brevissima vita torna a riflettere sul suo sentirsi costantemente un emarginato, mai inserito completamente nella vita sociale di Vienna, dalla personalità doppia, dalla nostalgia infinita: esule nel mondo, che dal mondo vuole essere riconosciuto. L’accostamento di queste idee tematiche e la loro ripetizione vanno a costituire il vero elemento caratteristico dell’intero brano che si mostra costruito non dallo sviluppo dialettico, razionale, tipico della forma sonata, ma dal ritorno ossessivo di figure musicali cariche di simboli, che vanno ad aggiungere al vocabolario espressivo del Romanticismo europeo, una nuova, efficace formula.

Il Trio in si maggiore per archi e pianoforte op. 8 di Johannes Brahmspone all’appassionato ascoltatore di musica romantica problemi diversi, legati soprattutto al ripensamento creativo, alla correzione assennata di ‘errori di gioventù’. Brahms quando scrisse questo Trio aveva appena ventuno anni ed era stato presentato da Robert Schumann come giovane e promettente esponente delle Neue Bahnen, le nuove vie della musica contemporanea tedesca, con un articolo pubblicato nella propria rivista di critica musicale. Schumann era rimasto colpito da una serie di lavori per pianoforte e di musica vocale (che sarebbe stata poi distrutta da Brahms stesso) che il giovane compositore gli aveva mostrato. Di lì a poco Brahms avrebbe iniziato a lavorare proprio a questo Trio, rivelando la forte influenza che Schumann aveva avuto su di lui (la firma sul manoscritto ‘Johannes Kreisler junior’ era un affettuoso riferimento a una delle tante figure che abitavano l’universo musicale di Schumann). La prima reazione di Brahms all’acclamazione del venerato maestro avrebbe potuto essere sicuramente di euforica soddisfazione, ma che in realtà lasciò ben presto posto all’apprensione. Leggiamo in una lettera di Brahms a Schumann: «L'aperto elogio che Lei mi ha tributato ha probabilmente eccitato le aspettative del pubblico a tal punto che non so come potrò avvicinarmi a soddisfarle. Soprattutto, mi induce a usare estrema cautela nella scelta dei brani da pubblicare. Penso di non pubblicare nessuno dei miei Trii e di assegnare le Sonate in do maggiore e in fa diesis minore come opp. 1 e 2. Naturalmente», conclude, «lei capisce che mi impegno con tutte le mie forze per causarle il minor imbarazzo possibile». La giovane aquila, come Schumann definì il giovane Brahms, a parole iniziò a volare con apprensione e cautela, ma nei fatti si librava già con grande esuberanza. Il Trio in si maggiore per archi e pianoforte op. 8 si presentò infatti come un pezzo di grandi dimensioni che, nella sua versione originale nel 1853, era più lungo di circa un terzo rispetto alla profonda revisione che Brahms operò sorprendentemente trentacinque anni dopo, nel 1889. Così scrisse a Clara Wieck, amica di lunga data e moglie del defunto Robert Schumann: «Ho riscritto il mio Trio in si maggiore e posso chiamarlo op. 108 invece che op. 8. Non sarà più rozzo come prima - ma sarà migliore?». Ascoltandolo il 30 settembre del 1889 la risposta fu assolutamente affermativa: gli interventi correttivi avevano funzionato. Anche se le ragioni di questa revisione non sono ancora del tutto chiare, sicuramente non possiamo che gioire del fatto che la splendida melodia intonata dal pianoforte in apertura non fu modificata, conservando così l’alternanza tra il lirismo in forma di inno e i toni un poco cupi tipici del giovane Brahms. Con lo Scherzo del secondo movimento viene presentata un’idea melodica ricca di vitalità e slancio, creando un contrasto molto dinamico e ricco di narrativa con il vigore lirico del primo movimento. L’Adagio del terzo movimento è un luogo di espressività quasi mistica, soprattutto nel canto per violoncello che entra a metà movimento unito alla struggente risposta del pianoforte: un intervento maturo, questo, che ha determinato un vero e proprio miglioramento della composizione. Abbiamo parlato in apertura di esuberanza giovanile. Tutta l’imprevedibilità dei vent’anni si scorge nel quarto e ultimo movimento, dove Brahms decide di chiudere in tonalità minore per un’opera invece in tonalità maggiore, anche se i ripensamenti della maturità hanno profondamente cambiato l’identità di questa chiusura, il cui esordio brumoso del violoncello e del pianoforte, lascia spazio poi a uno sviluppo sobrio.

Libri che suonano: consigli di lettura

Su Franz Schubert

Luca Ciammarughi, Franz Schubert, Curci, 2023

Sergio Sablich, L’altro Schubert, EDT, 2002

Su Johannes Brahms

Piero De Martini, Johannes Brahms. Autobiografia dell’artista da giovane, il Saggiatore, 2021

Maurizio Giani, Johannes Brahms. La musica della memoria, Orthotes, 2023

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